L’emergenza sanitaria ha cambiato le nostre vite in tempi brevi e in maniera drastica. Da un giorno all’altro, nel rispetto dei DPCM, non è stato più possibile uscire di casa, se non per motivi di necessità; né recarsi in ufficio, in palestra, al ristorante, in un negozio o in un bar, a scuola o all’università, al cinema o a un concerto. Il cambiamento imposto dalle istituzioni ha stravolto le nostre abitudini quotidiane, richiedendo uno sforzo di adattamento per un bene superiore: quello comune.
La necessità di mantenersi in contatto con il mondo esterno durante la pandemia rimane forte: il 35% in media degli italiani guarda più telegiornali (questo dato rappresenta una fascia di età che non comprende i giovani tra i 16 e i 24 anni); mentre un 24% aumenta la propria permanenza sui social (The Fool e GWI Global & Italian Research, 26 Marzo 2020).
Le piattaforme social sono in questo momento più che mai un “luogo” sicuro, perché non richiedono il contatto fisico: sono quindi molto frequentate, addirittura affollate. Avere uno o più profili digitali, adesso, equivale a far sentire la propria presenza, senza poterla manifestare concretamente: il 37% delle persone riconosce questo come uno dei ruoli dei social. È proprio nel nuovo rapporto con l’informazione che le cose cambiano. Trasversalmente a ogni mercato, la popolazione si attende che i social media siano il giusto filtro che guidi verso informazioni autorevoli (71% degli intervistati). A livello globale, due persone su tre vorrebbero infatti che le piattaforme social riuscissero a filtrare le Fake News, dirompenti in questo periodo. Mentre secondo il 57% dovrebbero fornire contenuti verificati per far fronte all'emergenza.
Osservare quello che succede sui social, inoltre, significa avere a disposizione uno strumento formidabile per documentare la risposta delle persone a ciò che sta accadendo in Italia e nel mondo. Attraverso hashtag, analisi dei trend, delle visualizzazioni, condivisioni e conversazioni on line, si può tracciare un quadro piuttosto preciso e intercettare i bisogni più sentiti dagli utenti.
In generale circa il 60% degli Italiani si dichiara molto o estremamente preoccupato dell’attuale situazione del Paese e ancora più preoccupato per la situazione internazionale. Più preoccupate le donne che gli uomini (il 31% si dichiara estremamente preoccupata contro il 20% degli uomini) mentre in generale tra i 25 e i 34 anni vivono questo periodo con un livello di allerta leggermente inferiore. Nonostante il primo impatto traumatico con il virus, più della metà della popolazione italiana dichiara di essere ottimista mentre ha meno fiducia sulle capacità di uscire dalla crisi del resto del mondo.
I social sono dei touchpoint molto efficaci e non solo nell’ambito del rapporto tra politica e cittadinanza, come abbiamo modo di vedere in queste settimane, ma anche tra le persone stesse. Tra l’8 e il 22 marzo, ovvero nelle prime settimane dopo il provvedimento del Governo che imponeva a tutti di restare a casa e la chiusura delle attività commerciali non necessarie; sui social si è registrata una prevalenza netta della solidarietà sociale (con iniziative volontarie, aziendali e private) e dell’impegno civico nel rispettare le nuove direttive. L’hashtag #iorestoacasa ha superato di grand lunga quello del #coronavirus con un rapporto di 131,5 k utilizzi contro 92 k. La volontà di reagire e di prendersi la responsabilità del bene collettivo si è diffusa chiara e forte sulle piattaforme (Fonte: Blogmeter).
Mentre la pandemia raggiungeva proporzioni globali, sono cambiati gli argomenti protagonisti delle nuove conversazioni sociali. Le analisi di Talkwalker rivelano che se fino a poco meno di due settimane fa hashtag come #lockdown e #StayAtHome hanno monopolizzato feed e banche virtuali, le conversazioni più ricorrenti negli ultimi 7 giorni a livello globale ruotano intorno a piccole imprese, equipaggiamento medico, salute pubblica, casi positivi, anziani. Tale calo d’interesse può essere considerato abbastanza fisiologico perché combacia con lo stabilizzarsi della situazione pandemica seppure a livelli ancora molto preoccupanti per tutta la popolazione mondiale.
Come abbiamo avuto modo di vedere nell’infografica sviluppata con i dati del report Cerved Industry Forecast di marzo 2020, i settori più colpiti sono davvero moltissimi tuttavia in termini di interesse, solo alcuni comparti hanno monopolizzato le conversazioni: il primo posto va all’industria finanziaria (38.2%); segue il settore che riguarda i beni di consumo - CPG, Consumer packaged goods - quali prodotti alimentari, cosmetici e prodotti per la pulizia (32.1%); il retail (17%) e, infine, l’industria farmaceutica (12.7%). Gli scambi principali che sono stati registrati hanno riguardato:
In questa classifica, molto interessante è certamente il retail, che nelle scorse settimane ha dovuto adeguarsi alle direttive in termini di garanzia per la salute dei propri dipendenti, come magazzinieri e corrieri, per esempio. Una ricerca di Forbes ha evidenziato come, ad oggi, in Italia solo il 7% della popolazione è abituato ad acquistare on line, ma è prevedibile che questa percentuale aumenti dopo la fine dell’emergenza sanitaria, che sicuramente sta cambiando i comportamenti degli utenti.
In merito abbiamo analizzato in questo approfondimento i dati delle prime 100 categorie in rapida crescita e in rapido calo nel commercio elettronico nel mese di marzo, comparando i dati con lo stesso mese dello scorso anno.
Mentre nel mondo si parla di rischi finanziari, assicurazioni e necessità economiche a cui sono costretti a rispondere i governi nazionali, il focus sull’Italia a cura della Suite di Blogmeter, la piattaforma integrata di Social Listening, Social Analytics e Social Influencer, rivela come la tendenza sui social siano argomenti quali la solidarietà, il senso di responsabilità civile e la necessità di far fronte comune contro questa grave emergenza, anche in termini economici. Ma non è stato sempre così. L’Osservatorio permanente su “Italiani e Social Media in tempo di Coronavirus”, attivato per meglio comprendere di cosa parlano e come reagiscono gli italiani al Covid-19, ha confermato che la prima reazione degli italiani nei confronti di quella che era ancora definita un’epidemia circoscritta a pochi paesi, sia stata l’assalto ai supermercati per l’acquisto, tra gli altri, di gel igienizzanti per mani e mascherine. E non è tutto.
I social in queste settimane sono diventati una fucina di contenuti che hanno l’obiettivo di generare audience intorno a temi d’interesse comune che ben si sposano con l’invito reiterato di restare a casa. Blogmeter ha dunque stilato la classifica delle attività maggiormente seguite sui social e dei contenuti che hanno generato più interazioni connesse all’hashtag #iorestoacasa. La top of the list è occupata dal cucinare. Food influencer, celebrities, giovani, meno giovani, donne e uomini: chiunque ormai impegna il tempo a cucinare a condividere piatti sperimentati per la prima volta o i propri cavalli di battaglia. Tra gli hashtag più menzionati dagli italiani tra il 12 e il 15 marzo si ritrovano #food (5,2K) e #foodporn (5,1K) e si verifica un interesse sempre maggiore per i lievitati.
A seguire, nella classifica dei trend topic, c’è l’allenamento alternativo da fare a casa che ha portato palestre e personal trainer a riconvertire la propria attività in lunghe dirette sui social durante le quali si mostrano esercizi e video workout. In terza posizione vi sono le relazioni ritrovate come il legame con la propria famiglia. Chiudono questa speciale classifica i vari tutorial e challenge che riempiono i feed soprattutto di Instagram e contenuti che riguardano la divulgazione delle direttive ufficiali del Ministero dell’Interno o dell’OMS e il coinvolgimento della propria fan base al fine di donare materiali agli ospedali o alle strutture specializzate della propria zona.
Nelle conversazioni degli italiani non manca il tema dell’intrattenimento che ha generato un volume di interesse cresciuto in modo esponenziale. Parliamo molto di Netflix (57% delle conversazioni relative al tema) e in misura minore di RaiPlay (16,5%) e Prime Video (11,7%). A chiudere, un tema caldo come quello dello smart working oggetto delle nostre conversazioni soprattutto nella settimana che va dal 10 marzo al 22 marzo. Rispetto ai 12 giorni precedenti i contenuti relativi a questo tema hanno registrato un + 325% soprattutto su Instagram. Proprio su questo tema le community hanno dato “il meglio di loro stesse”, producendo contenuti relativi principalmente a:
Se è vero che parliamo di questi argomenti su quali social lo facciamo maggiornamente? Senza dubbio, su tutti svetta Instagram, utilizzato con una percentuale del 47,81%; a seguire Facebook, con il 25,95%; poi Twitter con l’11,99%. Un 8,67% degli utenti interessato a questi trend legge articoli di blog e il 3,14% le news on line.
I social sono lo specchio di quello che sta succedendo in Italia e nel mondo e l’unico osservatorio sicuro in questo “mare”’ di isolamento: è da qui che possiamo misurare i cambiamenti. A mutare siamo noi e i nostri comportamenti, le abitudini e modi tradizionali di lavorare e trascorrere il tempo con le persone che amiamo. Brand e aziende stanno cambiando approccio al consumatore, sperimentando il terreno della creatività attraverso il quale si reinventano, attraversano il periodo di crisi e programmano la ripartenza.
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