Oggi conquistare e fidelizzare un cliente nell’universo online non è così facile. Il processo di decisione che porta alla conversione è tutt’altro che lineare e lungo la strada intervengono diversi fattori, come la SEO (Search Engine Optimization) e la CRO (Conversion Rate Optimization).
In questo scenario così articolato, è fondamentale conoscere gli elementi del customer journey e provare a guidare l’utente lungo il percorso, sfruttando i diversi strumenti a disposizione. Per comprendere meglio i cambiamenti in atto e sviluppare una strategia efficace, ci siamo rivolti ad Aurora Zotto, SEO e CRO Specialist in site By site.
In questi anni abbiamo assistito a un'evoluzione pazzesca del mondo digitale. L’internet street, come lo definisce Google, è ad oggi un immenso shopping center costantemente aperto, dove si può trovare e comprare di tutto, a qualsiasi ora del giorno e della notte.
Con questa evoluzione sono cambiati anche i modelli di marketing. Si è passati attraverso vari modelli, a partire dal famoso modello AIDA che risale addirittura al 1898, all’altrettanto conosciuto funnel a imbuto del 1924, per poi passare ad altri modelli ancora, tra cui l’ATR-N e il ZMOT (Zero Moment of Truth) di Google, nel 2011.
Ma questi percorsi non erano più sufficienti per esprimere la complessità del customer journey. Ecco quindi che nel 2020 Google ha proposto il “messy middle”, un nuovo modello che aiuta a capire come le persone si comportano durante le fasi, sempre più confuse, del percorso di acquisto.
Prima di tutto, perché la decisione di acquisto non segue più una strada lineare e tutto il percorso è sempre più ricco di quelli che definiamo "micro-momenti".
E poi perché il modo in cui le persone prendono decisioni è caotico e lo diventerà ancora di più: sia che si tratti di un acquisto periodico e poco costoso (tipo uno shampoo) o di uno più economicamente impegnativo (come una macchina), la rete di touchpoint è sempre ingarbugliata. Ma, fortunatamente, il comportamento di acquisto ha dei punti riconoscibili.
Ecco quindi il messy middle: Google lo definisce come “uno spazio caotico e complesso tra i due poli del trigger e dell’acquisto; uno caos ricco di informazioni e di scelte illimitate nel quale i consumatori sono sopraffatti e confusi.”
Certo, la prima da considerare è la fase di esposizione: questa si definisce come il sottofondo attivo e sempre presente, che comprende la totalità delle interazioni e delle influenze di un brand.
Un altro elemento fondamentale è il trigger, la molla che fa scattare l’utente, il primo stimolo del funnel che porta l’utente da una fase passiva di osservazione a una fase attiva di azione. Una volta triggerato, l’utente si ritrova immerso in un loop continuo, e inizia a fare avanti e indietro tra la fase di esplorazione (che è espansiva) e la fase di valutazione (che è riduttiva).
Alla fine di questo loop c’è l’esperienza del brand, che comprende tutto quello che accade quando un utente prova un prodotto o un servizio e che è connessa all'esposizione, perché può influenzare positivamente o negativamente il brand.
Per ultima c’è la fase - fondamentale - dell’acquisto, in cui l’azione, cioè la conversione, realizza il bisogno dell’utente.
Riassumendo, possiamo dire che le persone:
Quindi essere presenti al momento giusto può far spostare le preferenze nel messy middle.
Sicuramente può applicare i principi delle scienze comportamentali per rendere la sua proposta più convincente e sfruttare i bias cognitivi che influenzano il percorso di acquisto.
Inoltre può avvicinare il momento del trigger a quello dell'acquisto, in modo da ridurre il tempo di esposizione a brand concorrenti.
Ovviamente il brand deve garantire la sua presenza per farsi notare e ricordare durante l’esplorazione. In tutti i modi possibili: dall’ADV, che è un’attività ormai imprescindibile per il business, alla presenza sulle piattaforme social, fino alla SEO.
La SEO rappresenta il processo di ottimizzazione delle proprietà digitali del brand, con lo scopo di aumentare la visibilità e l'efficacia della marca in fase di ricerca degli utenti nei motori e nelle piattaforme. Non è semplice dividere i canali di marketing perché non sono ermeticamente separati, ma possiamo dire che la SEO offre il maggior contributo all’azione di marketing nella fase di loop.
La CRO rappresenta il processo di ottimizzazione, miglioramento e perfezionamento di un’interfaccia digitale con l’obiettivo di aumentare le conversioni, facilitando la decisione dell’acquisto di un prodotto o servizio. La CRO ottimizza quindi “l’ultimo miglio” dell’esposizione del brand, senza il quale il viaggio è inutile. Non riguarda solo la SEO, ma è fondamentale per tutti i canali che conducono alla conversione.
Queste due strategie hanno molto in comune, perché:
Le due discipline sono quindi complementari: la SEO agisce nella prima parte della strategia, la CRO alla fine del customer journey. L'obiettivo finale però è lo stesso, cioè portare l’utente a soddisfare il suo bisogno, espresso dalla ricerca.
Dall’intervista ad Aurora appare chiaro che un panorama come quello attuale richiede un approccio che consideri tutti gli aspetti dell’esperienza dell’utente con il brand. Per raggiungere gli obiettivi di business è indispensabile coinvolgere più discipline e utilizzare in maniera strategica i diversi touchpoint, utilizzando ad esempio le leve del marketing conversazionale o la personalizzazione dei contenuti in ottica SEO.
In site By site studiamo con attenzione il costumer journey e pianifichiamo il viaggio degli utenti con un approccio omnicanale, per condurli passo dopo passo fino alla meta desiderata.
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