La nostra navigazione quotidiana cambia continuamente. Cambiano i tempi, i modi, ciò che cerchiamo, e trovarlo o meno determina il nostro approccio futuro con il sito web che stiamo consultando. È tutta una questione di tecnologie e di come queste sono impiegate in relazione a chi lo dovrà usare o c’è qualcosa in più? Come migliorare la User Experiece del proprio sito web? Quali sono gli interventi da fare a supporto di una buona Digital Strategy?
In Site by Site formazione fa rima con incontro e in occasione delle giornate d’approfondimento dedicate a questo tema, abbiamo rivolto alcune domande a Chiara Danese, Designer ed esperta di Design Thinking, un modello che permette di concepire la comunicazione di servizi e prodotti in modo da renderli perfetti per il proprio target di riferimento.
Intervista a Chiara Danese
L’experience map è il processo di mappatura della navigazione dell’utente. Chiara, perché è importante?
«Un sito web funziona quando è pensato e progettato per chi lo userà. Sembra una banalità ma spesso quando il referente di un’attività inizia a pensare al proprio sito web, lo pensa per spiegare quello che fa, quali sono i suoi prodotti e i suoi servizi. E cosa c’è di sbagliato in questo? Diciamo che spesso chi utilizza prodotti e servizi non sempre li cerca, li nomina e li pensa nello stesso modo delle persone che lavorano all’interno di un’azienda (o di un ente, di una attività commerciale, etc…).
Ci sono metodologie e strumenti che aiutano a “mettersi le scarpe degli utenti” (dei clienti o meglio delle persone); altri strumenti che aiutano a capire il loro viaggio e come interagiscono con le persone che lavorano in azienda. L’experience map è uno di questi strumenti, utile sia in fase progettuale che in fase di ricerca e analisi di un servizio già esistente; è una mappa visiva che descrive graficamente l’esperienza che l’utente vive nell’interazione con un prodotto o un servizio attraverso i diversi step e touchpoint. Grazie a questa mappatura, è possibile verificare che l’esperienza offerta all’utente sia solida, coerente e fluida.
È uno strumento che aiuta a capire cosa collocare nei diversi step in modo da consentire un’esperienza il più similare a quella progettata».
Il customer journey non riguarda solo il mondo digital, ma è strettamente connesso anche all’offline: probabilmente la persona che compra online ha prima toccato con mano lo stesso prodotto in negozio. Una Digital Strategy che tenga conto anche di questo quanto può essere importante, per la crescita di un e-commerce?
«Anche quando pensiamo ad una strategia digitale non possiamo dimenticarci che viviamo in uno spazio fisico.
Il customer journey descrive cronologicamente il percorso che l’utente compie durante la fruizione di un servizio, partendo dal momento in cui ne viene a conoscenza fino al momento in cui termina l’utilizzo. Il customer journey divide questo percorso in step e si traduce in una mappa visiva che rappresenta, su piani diversi, l’azione compiuta in ogni step, i canali attraverso cui il servizio si manifesta, i touchpoint e le persone con cui l’utente interagisce.
Cosa succede se acquisti un prodotto online su un e-commerce (facile da usare), il prodotto è stupendo, arriva nei tempi giusti e quando apri il pacco (opportunamente brandizzato) trovi che è difettato? Lo vuoi cambiare! Allora contatti il servizio clienti e... non riesci per mille motivi a sostituire il prodotto? Ti arrabbi e potresti non avere più voglia di ri-acquistare.
Quindi avere una strategia di business e di marketing vincente, un sito usabile, un copy fantastico, un prodotto memorabile ma non avere consistenza su tutti i touchpoint del journey, si rischia di rovinare l’esperienza che la persona ha con il Brand.
I motivi per cui il customer journey (ma pensando in modo più completo e ampio tutta la user experience), è importante sono legati alla natura stessa dell’e-commerce che deve essere funzionale ed immediato per agevolare la persona nell’uso e, di conseguenza, dando opportunità alla Digital Strategy di ampliare le conversioni.
Per questo è importante considerare in fase progettuale come gli aspetti tecnici e pratici possono impattare su tutto il processo di engagement.
La mancanza di una fase di analisi di User Experience nella progettazione può infatti avere un impatto negativo su molti aspetti sia tecnici sia legati alla brand awareness; per questo un e-commerce deve essere in grado di superare quella barriera tecnologica con soluzioni create ad hoc per le persone che lo utilizzeranno, considerando anche il contesto d’uso e i device utilizzati per migliorare l’esperienza d’acquisto in ambito fisico/digitale».
Cosa significa dare valore all'esperienza dell’utente?
«Vuol dire capire quali abitudini hanno le persone, come si comportano, come pensano e sulla base di questa ricerca cercare di rendere la loro esperienza con il Brand il più consistente possibile; per esempio cercando proprio di capire, in un ottica di omnicanalità, come la persona interagisce, dove cerca le informazioni, su quale canale vuole acquistare. Senza dimenticare le esigenze di business e le opportunità che ci possono dare le nuove tecnologie.
È un libro un po’ datato ma “L’economia dell’esperienza: oltre il servizio” di Joseph B. Pine e James H. Gilmore ci da uno spaccato di cosa vuol dire dare valore all’esperienza dell’utente e anche perché è importante contemplarlo in un contesto economico.
Il valore di ciò che acquistano le persone si è spostato da considerare non più solo il prodotto o il servizio ma a guardare tutta l’esperienza di chi lo compra. Le aziende devono considerare insieme al prodotto o al servizio che vogliono offrire anche il ricordo che desiderano lasciare alle persone».
Progettare un sito web che tenga conto dell’esperienza dell’utente significa anche utilizzare parole che arrivino dritte al punto. Quanto incidono il tone of voice e il microcopy nella realizzazione di un prodotto che sia prima di tutto un’esperienza?
«Pensate ad un prodotto digitale (sito web, app, interfaccia di un bancomat, etc.) senza testo. Ci sarebbero tanti buchi vuoti e senza il testo sarebbe inutilizzabile.
Scrivere contenuti per i prodotti digitali permette alle persone di raggiungere i loro obiettivi nel miglior modo possibile e rende il prodotto più usabile e quindi più facile da usare.
Sicuramente partire sempre da “per chi sto scrivendo” è il modo migliore. Quindi chiedersi cosa vuole ottenere, cosa sta cercando (personas è uno strumento che aiuta a fare questo) la persona a cui è destinato il prodotto o il servizio è un buon punto di partenza.
Il linguaggio e il tone of voice è parte integrante del processo di UX Design. UX Writing è tutto il linguaggio creato attorno al contesto dell'utente e alle sue preferenze personali, con il fine di offrire costantemente un'esperienza di brand personalizzata su tutti i touchpoint rivolti all'utente: parliamo di siti Web, articoli di blog, e-mail, social media, notifiche push, CTA, etc.
UX Design, composto da elementi visivi e linguaggio, crea la personalità del marchio nella mente dell'Utente.
Ogni singola parola usata nelle strategie di comunicazione dà l'opportunità unica di entrare in contatto con l'utente, il quale interagisce con le parole e il visual design che vede sullo schermo.
Tramite il linguaggio si ha l’opportunità di dare un’esperienza mettendo in risalto la personalità del brand. Non puoi dire "il nostro marchio è divertente, alla moda e leggero," o "autorevole, esperto e attento", ma devi mostrarlo nel modo in cui comunichi: sia visivamente che testualmente. Se riesci a mostrarlo con il tone of voice sarai più convincente».
Quanto è importante coinvolgere gli utenti nei test di usabilità?
«Ultimamente si sente sempre più parlare di usabilità (o di user experience, che sono due cose completamente diverse) e spesso lo si associa ad un contesto digitale. In realtà il concetto di usabilità nasce tanti anni fa, nell’ambito dell’ergonomia e si riferiva ad un contesto di interazione uomo/artefatto.
In pratica definisce il grado di facilità e soddisfazione con cui si compie l'interazione tra l'uomo e uno strumento (console, leva del cambio,interfaccia grafica, ecc.).
Fare un test di usabilità consiste nel guardare una sola persona per volta mentre cerca di usare qualcosa. L’obiettivo è quello di rilevare le azioni che in base all’uso del prodotto/sistema/servizio si possono modificare per diminuire gli errori dell’utente.
Cosa vuol dire usabile? Cos’è l’usabilità?
È abbastanza immediata la definizione di usabilità che ci dà Steve Krug:
una persona con una capacità o una esperienza nella media (o al di sotto della media) può capire come si usa quella cosa (cioè è facile da imparare) per raggiungere uno scopo (è efficace) senza dover risolvere più problemi di quanto valga la pena (è efficiente).
Per me fare test è una grande opportunità per entrare in contatto con i veri utilizzatori del prodotto e capire non solo se un sito web (un software, un servizio, etc.) è usabile ma anche cosa pensano le persone e come si comportano.
Alla fine del test mi piace fare un’intervista e relazionarmi con la persona: le persone hanno sempre tante verità da raccontare».
Quali sono gli errori più comuni che penalizzano l’usabilità di un sito?
«È facile commettere errori quando non si pensa chi è l’utilizzatore del sito. E in tal caso gli errori si generano a cascata in qualsiasi ambito, non solo per l’usabilità.
Usabilità vuol dire anche tenere in considerazione un’interfaccia che deve soddisfare degli obiettivi di brand identity (immagine) ma anche di funzionalità.
Se dovessi dare un consiglio per evitare errori un buon punto di partenza è quello di considerare le Euristiche di Nielsen: non solo a fine lavoro per fare un test ma anche in una fase di progettazione iniziale. Per chi progetta, avere la conoscenza di queste euristiche porta a una notevole riduzione degli errori».
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