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Cos’è Apple Mail Privacy Protection e cosa cambia dopo l’update iOS 15

Settembre 20, 2021
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mail privacy protection

Può un aggiornamento cambiare le regole del marketing come lo conoscevi? La risposta ovviamente è sì. Nel 2018 abbiamo affrontato il nuovo regolamento generale per la protezione dei dati personali (GDPR) e adesso ci stiamo preparando a un futuro cookieless.

E nelle prossime settimane chi si occupa di email marketing dovrà dare un peso differente anche a una delle metriche più inflazionate di questa attività: l’open rate.

Cosa cambierà con il prossimo aggiornamento iOS 15 di Apple? Vediamolo insieme nel dettaglio.

Che novità porta il software update iOS 15 per l’email marketing?

Lo scorso 7 giugno, durante la Apple Worldwide Developers Conference, è stato annunciato il nuovo aggiornamento di sistema per gli utenti di iOS 15, iPadOS 15, macOS Monterey e watchOS 8.

L’update sarà disponibile nel corso dell’autunno, indicativamente settembre-novembre, e tra le varie novità, come iCloud+, l’elaborazione audio on-device e l’App Traking Transparency, una in particolare ha scosso il mondo dell’email marketing: la Protezione della privacy Mail, o Mail Privacy Protection.

Cos’è Apple Mail Privacy Protection

Apple Mail Privacy Protection impedisce a chi invia newsletter o dem di usare pixel invisibili per raccogliere informazioni sull'utente come, ad esempio, l’apertura o meno di un'e-mail.

I pixel invisibili (o pixel attivi) che vengono utilizzati dalla maggior parte delle piattaforme per l’invio delle newsletter, ma anche dalle estensioni che rivelano la lettura delle email, come ad esempio Streak.

Questi pixel invisibili sono delle immagini trasparenti molto piccole (1x1 px) che vengono scaricate automaticamente con l’apertura di un’email.

Oltre a segnalare che il messaggio è stato aperto (non necessariamente letto) questi pixel di tracciamento comunicano alla piattaforma d’invio anche altre informazioni, come l’indirizzo IP del ricevente, che tipo di device sta utilizzando e da che parte del mondo.

Come agisce Mail Privacy Protection?

La prima cosa da segnalare è che gli utenti iOS potranno scegliere se usufruire di questa funzionalità oppure no. Dopo l’aggiornamento, la prima volta che apriranno l’app Mail, dovranno decidere se accettare o meno che la loro casella email venga protetta. Il messaggio è abbastanza persuasivo da far pensare che solo una bassissima percentuale sceglierà di non adottare questa soluzione.

Per darci un’idea della sensibilità sempre più crescente delle persone in termini di tracciamento e utilizzo dei dati, Flurry Analytics ha evidenziato che, nel mondo, l’89% degli utenti iOS non ha acconsentito al tracciamento dall’App Tracking Transparency (introdotta ad aprile 2021 con iOS 14.5).

Secondo i primi test condotti da Litmus, ecco come verranno processate le mail in arrivo in Apple Mail:

  • Appena l’app si avvia i messaggi vengono scaricati sul dispositivo dal web host o dall’email service provider del mittente.
  • Nello stesso lasso di tempo Apple memorizza in cache tutte le immagini contenute nella mail (quindi anche i famosi pixel attivi) creandone una copia interna all’Apple Privacy Cache con un indirizzo IP più generale riferito alla regione in cui si trova il dispositivo dell’utente (ad esempio Lombardia o Veneto e non Milano o Padova). Sempre secondo i test di Litmus questa condizione si verifica solo se gli utenti sono connessi a una rete wireless con l’app in funzione in background.
  • Questa operazione di download in cache, per le piattaforme di invio newsletter (Email Service Proveder - ESP), viene considerata un’apertura, ma come abbiamo visto, fino a questo momento non c’è stata alcuna azione attiva da parte dell’utente.

A questo punto se il destinatario della mail apre il messaggio, vedrà la copia dello stesso nella cache Apple e non quello originale. Nessun dato reale viene quindi trasmesso agli ESP.

Che conseguenze porterà nell’email marketing la Mail Privacy Protection Apple?

Come ormai ti sarà chiaro, vedrai un open rate maggiore nelle tue statistiche, ma il dato sarà ancora più falsato rispetto al passato. Da diverso tempo infatti i servizi di posta elettronica danno la possibilità di disabilitare il download automatico delle immagini (Outlook, ma anche Gmail per citarne alcuni) e quindi rendere invisibili i dati sulle aperture di DEM e newsletter. Allo stesso tempo alcuni sistemi antivirus e antispam simulano le aperture degli utenti, senza che questi abbiano effettivamente aperto quelle mail.

Questa possibilità fino ad oggi non ha mai preoccupato chi fa email marketing perché solo una piccola percentuale dei destinatari era a conoscenza di queste funzionalità, ma con l’aggiornamento iOS 15 l’impatto sarà sicuramente maggiore. Soprattutto perché secondo l’ultimo report sui client email redatto da Litmus il 61,7% delle caselle email sono su Apple iPhone, Apple Mail o Apple iPad (e il tasso di apertura globale da questi canali è del 48,6%).

Vedremo quindi degli open rate gonfiati perché tutte le mail verranno “aperte” automaticamente da Apple Mail, ma non avremo motivo di pensare che la nostra strategia di email marketing stia decollando.

Se stiamo utilizzando funzioni come il sending time optimization, un sistema che ci permette di ottimizzare il timing d’invio basato sulle aperture storiche dei nostri iscritti, potremo pensare di farne a meno, visto che i dati su cui si baserà saranno compromessi.

Se la tua strategia prevedeva l’invio di messaggi basati sulla geolocalizzazione degli iscritti, forse dovresti pensare a raccogliere i dati in altri modi.

E le mail di remind? Le automazioni basate sull’apertura o meno della mail precedente? La pulizia delle liste? Non tutto è perduto, con una strategia definita.

È il momento di rivedere i tuoi KPI di email marketing (e la tua strategia)

L’open rate era una delle metriche più utilizzate per misurare i risultati delle strategie di email marketing e spesso era il KPI con i valori più alti all’interno di un report. In molti la definiscono una “metrica di vanità”: è vero che non basta che una mail venga aperta per decretare il successo di una campagna, ma è un buon inizio considerando il numero di messaggi che troviamo nella posta in arrivo (o nelle Promozioni) ogni giorno.

La svolta importante è capire che l’open rate non deve, e non potrà più essere, il tuo unico KPI.

Il click rate è un’altra metrica fondamentale dell’attività, così come il tasso di consegna (deliverability) e la misurazione della revenue e il conseguente ROI che deriva dalle tue campagne. Traccia in modo chiaro ogni invio e consulta ancora più spesso il tool di analisi che utilizzi (Google Analytics in primis).

Continua a fare A/B test prima dell’aggiornamento e a testare l’efficacia degli oggetti, ma anche quella delle call to action, ottimizza sempre la qualità dei contenuti, e la resa sui vari dispositivi (solo perché non avrai il dato preciso non significa che questi smetteranno di esistere).

Ti servono dati sui tuoi iscritti? Chiedili a loro! Le persone hanno più piacere a ricevere messaggi personalizzati, costruiti sulle loro esigenze e che rispondano ai loro interessi: una volta strutturata la tua strategia su queste basi, l’open rate sarà l’ultima delle metriche che ti interesserà monitorare!

 

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Benedetta Tubaldo
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